L'attività culturale 
Società Letteraria
di Verona

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Venerdì 11 aprile

Carlo Montanari, patriota veronese
Programma

Apertura dei lavori

Alberto Battaggia
presidente della Società Letteraria di Verona

Comunicazioni

Vittorio Castagna
Presidente dell’ Accademia di
Agricoltura, Scienze e Lettere

“Carlo Montanari nell’Accademia di
Agricoltura Scienze e Lettere”

Calogero Carità
Dirigente scolastico del Liceo delle Scienze
Umane “Carlo Montanari”

“Il contributo della famiglia Montanari
all'educazione dei giovani veronesi.”

Relazioni

Maurizio Bertolotti,
Istituto mantovano di storia contemporanea,
“Carlo Montanari e i martiri di Belfiore”

Gian Paolo Marchi,
docente di Letteratura italiana presso l’Università di Verona,
“Carlo Montanari e la vita intellettuale a Verona nella prima metà dell'Ottocento”

Silvio Pozzani,
presidente della Associazione Mazziniana,
“Carlo Montanari e le organizzazioni
mazziniane”

Gian Paolo Romagnani,
docente di Storia moderna presso l’Università di Verona
“Celebrare il Risorgimento a Verona. Carlo Montanari fra storia e memoria”


Profilo di Carlo Montanari
(Società Letteraria)

Da sx, Giampaolo Romagnani, Silvio Pozzani, Maurizio Bortolotti, il Presidente, Vittorio Castagna, Calogero Carità

CARLO MONTANARI,
PATRIOTA VERONESE

 Il 3 marzo 1853 veniva impiccato a Belfiore, a  causa della sua attività cospirativa mazziniana, Carlo Montanari.
Uomo di scienza, benefattore, di nobili origini, Montanari si iscrisse alla Società Letteraria di Verona nel 1842, diventandone nel 1850 Conservatore.
In quegli anni, nelle stanze della Letteraria, Carlo Montanari si incontrava con i protagonisti di una stagione culturale e politica tanto penosa, per l’oppressione austriaca, quanto feconda  per la vivacità degli ingegni: Aleardo Aleardi, Giulio Camuzzoni, Angelo Messedaglia, Gaetano Trezza, Cesare Betteloni, Pietro Maggi, Abramo Massalongo e altri ancora.
A Carlo Montanari è dedicata la Sala conferenze della Società Letteraria, dove fu scoperto nel centenario della morte, il 3 marzo 1953, un busto dedicato alla Sua memoria.
In occasione del 150mo anniversario del Suo sacrificio, il prossimo venerdì 11 aprile, la Società Letteraria ospiterà un Convegno commemorativo, al quale parteciperanno il prof. Maurizio Bertolotti, dell’Istituto mantovano di storia contemporanea, con una relazione dedicata a Carlo Montanari e i martiri di Belfiore; Gian Paolo Marchi, docente di Letteratura italiana presso l’Università di Verona,  che parlerà di Carlo Montanari e la vita intellettuale a Verona nella prima metà dell'Ottocento; Silvio Pozzani, presidente della Associazione Mazziniana Italiana,  che interverrà su Carlo Montanari e la cospirazione mazziniana; e Gian Paolo Romagnani, docente di Storia Moderna presso l’Università di Verona, che si soffermerà sul tema 
Celebrare il Risorgimento a Verona. Carlo Montanari tra storia e memoria.


 





 

 

 

lunedì 14 aprile 2003, pag. 20



Il convegno sulla figura del martire veronese del Risorgimento
La rivoluzione universale che aspettava Montanari
Giovanni Masciola


Alla Società Letteraria molti spunti fra storia e memoria
È stato un convegno davvero ricco di spunti, quello che la Società Letteraria di Verona ha dedicato a Carlo Montanari, la figura più alta fra quelle dei martiri del Risorgimento scaligero. Ha aperto i lavori il presidente della Letteraria, Alberto Battaggia, che ha sottolineato come la sua Società fosse nell'Ottocento ritrovo cittadino degli spiriti democratici e come vi appartenessero gli intellettuali di punta di Verona: Carlo Montanari appunto, Angelo Messedaglia, Giulio Camuzzoni, Cesare Betteloni, Aleardo Aleardi. Ricordare Carlo Montanari significa anche interrogarsi sul Risorgimento, sul quale dagli anni Novanta si è aperto un dibattito fortissimo, dove una parte del mondo cattolico e movimenti autonomistici mettono in discussione il momento fondante dell'Italia.
Sono seguite poi le comunicazioni di Vittorio Castagna, presidente dell'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere, di cui Carlo Montanari era membro dal 1841, e di Calogero Carità, dirigente del Liceo delle Scienze Umane "Carlo Montanari". Il professor Castagna ha annunciato un convegno su Carlo Montanari anche all'Accademia. Il professor Carit
à ha parlato del contributo della famiglia Montanari all'educazione dei giovani veronesi.
La prima relazione è stata quella di Maurizio Bertolotti, direttore dell'Istituto mantovano di Storia contemporanea. Bertolotti sottolinea come sin dai primi mesi successivi alle esecuzioni di Belfiore la memoria si sia concentrata più sul martirio dei patrioti che sugli eventi della congiura. Essa comunque investì buona parte della Lombardia e quasi tutte le province venete. I congiurati erano centinaia, secondo alcuni migliaia. Ne vennero scoperti centosessanta, di questi ottantuno erano mantovani. Nel Mantovano più che una congiura era un autentico movimento, rivolto a tutti coloro che volevano l'indipendenza e l'unità d'Italia. L'ambiente particolarmente favorevole ai congiurati li rendeva imprudenti. Sin dall'inizio il comitato fa capo a Mazzini. Tramite è Giuseppe Finzi, che lo incontra a Londra. Ciascun reclutatore deve contattare cinque persone. Sono molti e fondati i titoli di lagnanza del popolo mantovano contro il governo. Oltre ai limiti alla libertà imposti dalla legge marziale, vi è un forte aumento di imposte e di tasse in una situazione di crisi economica. La maggior parte degli aderenti alla congiura aveva partecipato al '48 e voleva riscattare la non buona prova data dalla città allora. Il '48 aveva visto la nascita d'una nuova leva di patrioti, assai più numerosi che nel '21 e nel '30, perlopiù provenienti dalle campagne. Oltre alla schiera di nuovi proprietari che abbracciano la nuova religione della Patria, vi sono anche i preti e in particolare i parroci, che suscitano il rabbioso sconcerto degli Austriaci. Hanno non solo una funzione di guida intellettuale, ma anche operativa. Nel '48 sono venti fra loro quelli che insorgono nel Mantovano.
Nel Veneto la congiura è molto più esigua numericamente. A Verona vi fanno parte esponenti della classe dirigente. Montanari aspettava una rivoluzione universale. A Verona la difficile situazione della città e lo spirito degli abitanti impedivano di dar vita ad un'estesa rete cospirativa. Il professor Bertolotti ha concluso rimarcando la maggior refrattarietà della borghesia veronese al cambiamento e la diversa posizione del clero veronese rispetto a quello mantovano.
Silvio Pozzani, presidente dell'Associazione mazziniana italiana e ispiratore del convegno, ha parlato con rammarico del colpevole silenzio pluridecennale sul Risorgimento. Carlo Montanari è per lui l'eroe mazziniano che fino in fondo deve compiere il suo dovere. All'ori
ine della vicenda tragicamente culminata a Belfiore vi è l'attività rivoluzionaria mazziniana che lancia il prestito pubblico per l'unità nazionale italiana. Il professor Pozzani espone i momenti e le strategie dell'azione rivoluzionaria mazziniana e ripercorre tutte le tappe e i volti della congiura, il clima che si respirava a Verona nell'ambiente mazziniano, che aveva addirittura organizzato l'addestramento in alcune case cittadine.
Gian Paolo Marzoi, docente di letteratura italiana presso l'Università di Verona, ha delineato la vita intellettuale veronese nella prima metà dell'Ottocento. Ha ricordato la stampa dei sette volumi del vocabolario della Crusca dal 1806 al 1811, da parte di padre Antonio Cesari. Fra il 1824 e il '26 pubblicò tre volumi dedicati all'opera dantesca. Aveva dunque quest'idea della lingua comune come espressione dello spirito nazionale. Ippolito Pindemonte si era orientato verso opinioni moderate: aveva ormai una visione del mondo sconsolata. Muore nel '28. Quando Chateaubriand torna a Verona nel '33, dopo esservi stato al tempo del famoso Congresso, vi trova un'atmosfera plumbea. L'Austria controllava capillarmente la stampa d'ogni libro. L'eccidio di Castelnuovo, dell'11 aprile '48, è il simbolo della repressione più feroce. In questi anni scrivono poesie d'ispirazione patriottica Cesare Betteloni e, il più famoso fra tutti, Aleardo Aleardi, il poeta dei combattenti. I maggiori artisti sono i pittori Giuseppe e Carlo Canella e lo scultore Torquato Della Torre. Ippolito Nievo studia al collegio vescovile. Carlo Montanari svolse la sua opera d'architetto rifacendosi a canoni classici che riprendevano il Cinquecento italiano. Suo il palazzo Gazzola, poi Arvedi, in piazzetta Chiavica.
Gian Paolo Romagnani, docente di Storia moderna presso l'Università di Verona ha concluso l'incontro con una brillante prolusione dal titolo "Celebrare il Risorgimento a Verona. Carlo Montanari fra storia e memoria".

 

 
 

giovedì 10 aprile 2003, pag. 43



Con un convegno
La Letteraria commemora il patriota Montanari


Il 3 marzo 1853 veniva impiccato a Belfiore, a causa della sua attività cospirativa mazziniana, Carlo Montanari. Uomo di scienza, benefattore, di nobili origini, Montanari si iscrisse alla Società Letteraria di Verona nel 1842, diventandone nel 1850 Conservatore. A Carlo Montanari è dedicata la Sala conferenze della Società Letteraria, dove fu scoperto nel centenario della morte, il 3 marzo 1953, un busto dedicato alla sua memoria.
In occasione del 150° anniversario del suo sacrificio, domani alle 17 la Società Letteraria ospiterà un convegno commemorativo, al quale parteciperanno il prof. Maurizio Bertolotti, dell'Istituto mantovano di storia contemporanea, con una relazione dedicata a Carlo Montanari e i martiri di Belfiore ; Gian Paolo Marzoi, docente di Letteratura italiana presso l'università di Verona, che parlerà di Carlo Montanari e la vita intellettuale a Verona nella prima metà dell'Ottocento ; Silvio Pozzani, presidente della Associazione mazziniana italiana, che interverrà su Carlo Montanari e la cospirazione mazziniana ; e Gian Paolo Romagnani, docente di Storia moderna presso l'università di Verona, che si soffermerà sul tema Celebrare il Risorgimento a Verona. Carlo Montanari tra storia e memoria .

 

 

lunedì 3 marzo 2003 pag. 23

Il patriota mazziniano fu impiccato il 3 marzo. La Società Letteraria lo ricorderà
Centocinquant’anni fa il sacrificio di Montanari
Silvio Pozzani

Léon Kochnitzky, raffinato poeta belga e rivoluzionario ministro degli Esteri di D’Annunzio a Fiume nel 1920, scrisse che le torte di alta tradizione viennese servite nelle belle pasticcerie della città sul Quarnaro erano l’unica possibilità per l’Impero di Francesco Giuseppe di continuare a vivere nella memoria degli uomini.
La qualità delle torte (che ci trova consenzienti) ci appare, tirate le debite somme, un titolo di merito troppo esiguo per il ricordo dell’Impero d’Austria. Esso, infatti, rappresentò, per un lasso di tempo non trascurabile, un’area d’Europa vincolata a un modello, più o meno discutibile, ma reale, di reggimento politico e di civiltà. Fatta dunque salva l’obiettività del giudizio storico, se vogliamo però ripercorrere la storia del nostro Risorgimento nazionale, dobbiamo finalmente prendere le debite distanze dalle malinconiche nostalgie alimentate dall’iconografia, più o meno sbiadita, del «povero nostro Franz» e delle «vecchie province», dalle pose fotografiche più classiche e più famose di «Sissi» e dell’infelice Massimiliano. Tutto ciò ci allontana da un severo «ripasso» delle tappe del cammino della Nazione italiana, tanto più necessario dopo tanti (troppi) anni di disinformazione e di indifferenza.
Nel 1852-53, l’Austria, ancora padrona del Regno Lombardo-Veneto, spietatamente reagì, con una serie di condanne a morte, eseguite anche a Belfiore mantovano, alla cospirazione mazziniana, penetrata fino al cuore del sistema difensivo del cosiddetto Quadrilatero. Il giovanissimo Francesco Giuseppe non seppe o non volle resistere alle pressioni del Feldmaresciallo Radetzky e della cerchia di alti ufficiali dell’Esercito che a Vienna sembravano onnipotenti e che pretendevano punizioni esemplari.
Tutto aveva avuto origine dall’instancabile azione rivoluzionaria di Giuseppe Mazzini che, tornato nel suo esilio londinese, mirava a riorganizzare le forze rivoluzionarie europee, sognando di ridestare la fiammata rivoluzionaria del 1848-49. Aveva, a questo fine, lanciato un «Prestito Nazionale», in forma di cartelle di tagli diversi, garantito dalla democrazia europea: un’obbligazione legale emessa dal Governo in esilio della Repubblica Romana di cui egli, come Triumviro, era stato, nel 1849, supremo reggitore. Le cartelle del «Prestito» cominciarono così a diffondersi per la Penisola, ad opera di attivi e coraggiosi protagonisti: il comasco Luigi Dottesio le portò anche a Verona, nella libreria di Domenico Cesconi, luogo di ritrovo di patrioti anche illustri (come l’Aleardi), situata nell’attuale via Mazzini.
Cominciarono, nel 1851, le esecuzioni capitali: quelle dell’intrepido popolano Amatore Sciesa, fucilato a Milano il 2 agosto; del Dottesio, impiccato a Venezia l’11 ottobre; del prete mantovano Giovanni Grioli, fucilato a Belfiore, il 5 novembre, aprirono la lunga serie delle condanne a morte eseguite. Il 7 dicembre 1852, affrontarono coraggiosamente il capestro austriaco, a Belfiore, i mantovani Enrico Tazzoli, capo del locale comitato e Carlo Poma, il legnaghese Angelo Scarsellini, i veneziani Bernardo De Canal e Giovanni Zambelli.
Queste forche destarono sgomento e orrore, ma anche rabbia e desiderio di vendetta, che trovarono sfogo a Milano, nel moto insurrezionale del 6 febbraio 1853, messo in atto da organizzazioni di artigiani e operai salariati dirette da Mazzini. Il tentativo fallì, nonostante l’ardimento dei popolani che assalirono, spesso armati di soli pugnali, le agguerrite truppe austriache e la repressione rincrudì sugli insorti catturati e sugli inermi già in carcere.
Così, il 3 marzo 1853, giusto centocinquant’anni fa, a Belfiore, alle porte di Mantova, subivano il capestro austiaco il mantovano Bartolomeo Grazioli, arciprete di Revere, il bresciano Tito Speri, prode combattente delle Dieci Giornate e il nobile veronese Carlo Montanari.
Quest’ultimo, insigne studioso e benemerito promotore della cultura e della pubblica assistenza, era stato il capo e l’anima del Comitato mazziniano di Verona. Sotto la sua guida, i cospiratori avevano diffuso proclami, opuscoli e cartelle del «Prestito»; avevano addirittura arruolato e addestrato, in dimore sicure, futuri combattenti, rilevate le piante delle fortificazioni e stabilito collegamenti con soldati ungheresi delle guarnigione, inclini alla ribellione.
Pochi giorni dopo, il 19 marzo 1853, fu la volta del popolano legnaghese Pietro Domenico Frattini. Il Frattini, già invalido per una ferita riportata nel 1849, nella difesa di Roma repubblicana, era accusato di aver occultato stampe clandestine e di aver dato ricovero, nel suo alloggio mantovano, ai cospiratori. Condannato a morte e la sentenza fu eseguita, ritardando, a bella posta, di qualche ora la promulgazione dell’amnistia, già stampata da giorni nelle tipografie controllate dall’Imperial Regio Governo.