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15 maggio 2003

POESIAFESTIVAL 2003

FATTI NON FOSTE
Letture dalla Divina Commedia
con GIULIO BROGI e
 ANTONIO CATANIA


Musiche di ZENO FATTI (tromba e flicorno) e ANDREA SORGINI (pianoforte)
Percorso di Andrea Afribo

Enzo Bertolini


Antonio Catania
 

 





 

 

 

lunedì 19 maggio 2003,  pag. 27

 

Poesia Festival
Un pubblico numerosissimo ha seguito la lettura di brani della «Divina Commedia» affidata a due attori assai diversi tra loro ma ugualmente efficaci Dante ha la voce accademica di Brogi ...E la naturalezza confidenziale di Catania
di Simone Azzoni

 

La seconda edizione di Poesia Festival (la manifestazione che, sino al 22 giugno, propone un ventaglio di appuntamenti cultural-spettacoli in luoghi diversi di città e provincia) ha preso il via, l’altra sera, a Villa Serego Alighieri di Gargagnago. Numerosissimo il pubblico intervenuto (all’incontro dal significativo titolo Fatti non foste. ..) per ascoltare, ancora una volta l’attore veronese Giulio Brogi leggere Dante davanti ai pronipoti, nella sua cornice naturalmente ideale.
Accanto a lui Antonio Catania dolce-amaro interprete di film famosi di apprezzati registi come Pane e tulipani, Mediterraneo, Qui non è il paradiso, Ma che colpa abbiamo noi, La cena . Sembra paradossale (nella lunga prolusione iniziale Franco Ceradini nemmeno l'ha presentato) ma è lui che ha dato il giusto stile alla serata.
È stato Andrea Afribo a preparare il percorso di lettura della serata. Il professore universitario è uscito dal Dante «popolar nazionale» risparmiando, almeno nella parte ufficiale dello spettacolo, il canto di Paolo e Francesca, quello del Conte Ugolino e o di Ulisse.
L'ironia sottile delle presentazioni, i riferimenti pluridisciplinari ci hanno stuzzicato ad un ascolto fresco, sobrio, sottile che ha trovato compimento nella lettura di Catania e contrasto in quella di Brogi. Ormai conosciamo il timbro e il tono dell'attore veronese.
Greve e grave scava nella rotondità delle parole, ascolta l'eco dei suoi stessi toni bassi cercando il gusto del narrare enfatico ma asciutto da passionalità e veemenza. È una lettura, la sua, che non muta timbro nel migrare tra i regni ma che si riconosce una serietà piena senza sbavature, accademica, consumata dalle mille letture ormai fatte del testo dantesco.
Catania è più informale giustamente, ma forse non del tutto consapevolmente accostato a Brogi: è il suo ideale contraltare. È quel rovescio della medaglia verso cui invitava Afribo nelle presentazioni ai sei canti. Sembra lì per caso - fortunatamente per caso - senza la seriosità imbarazzante della retorica ma con la naturalezza di una lettura discorsiva, poco riflessiva, molto stupita, quasi esitante, più confidenziale, familiare, passibile di errori (qualche incertezza…) un buon auspicio insomma per un prosieguo più leggero.